Il ricatto sulla missione di aiuto della Russia sul Covid con la minaccia di svelare gli accordi

Il ricatto sulla missione di aiuto della Russia sul Covid con la minaccia di svelare gli accordi

21/03/2022
Nel corso del 2020 Conte sente Putin e autorizza la missione. Gli obiettivi dei tre scienziati a capo della delegazione: accesso ai dati sanitari, intese commerciali su farmaci e Sputnik
Cartelle cliniche con i dati sanitari dei pazienti, accordi commerciali per farmaci e strumentazione, ma soprattutto un patto di ferro per la realizzazione dello Sputnik, il vaccino anti-Covid. C’è tutto questo dietro l’avvertimento all’Italia e l’attacco al ministro della Difesa Lorenzo Guerini di Alexei Vladimorovic Paramonov, 60 anni, ex console russo a Milano, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri che ha minacciato «conseguenze irreversibili» se il nostro Paese aderirà al nuovo piano di sanzioni contro Mosca. Il timore della diplomazia e dell’intelligence è che la ritorsione si realizzi rivelando che cosa davvero accadde a partire dal marzo 2020, dopo l’arrivo di una delegazione di russi nel nostro Paese. La versione ufficiale parlava di aiuti per affrontare l’emergenza pandemica. In realtà la missione degli 007 aveva ben altri scopi.Al telefono con Putin
È la sera di 22 marzo 2020, domenica, quando all’aeroporto militare di Pratica di Mare, alle porte di Roma, atterrano tredici quadrireattori Ilyushin decollati da Mosca. Ad attenderli c’è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, l’accordo per la missione è stato preso il giorno precedente con una telefonata tra l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente russo Vladimir Putin. Il livello dei rapporti tra Italia e Russia in quel momento è all’apice. Nel luglio precedente Putin è stato ricevuto con tutti gli onori a Villa Madama per una cena che ha unito imprenditori e politici, con 5 Stelle e Lega a farla da padrone. Quella sera, quando ha inizio la missione «Dalla Russia con amore», l’Italia ha 80.539 positivi da Coronavirus e 8.165 decessi. La zona peggiore è quella di Bergamo con 7.458 contagiati. Ma a preoccupare è soprattutto la carenza di ventilatori e mascherine. Ne servono milioni al giorno ma l’Italia non ne produce e quindi la ricerca all’estero è spasmodica. Ecco perché, almeno inizialmente, la missione russa viene accolta con entusiasmo. Militari e scienziati
Sin da subito qualcosa però non torna
. Ufficialmente si tratta di aiuti sanitari ma nella lista dei 104 nomi ci sono solo 28 medici e quattro infermieri. Gli altri sono militari. A guidare la spedizione è il generale Sergey Kikot, vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell’esercito russo. Nel suo curriculum c’è la collaborazione con aziende che producono e riparano armi per la protezione chimica, radioattiva e biologica. Con lui ci sono Natalia Y. Pshenichnaya, vicedirettrice dell’Istituto centrale di ricerche epidemiologiche, e Aleksandr V. Semenov, dell’Istituto Pasteur di San Pietroburgo. Entrambi lavorano al Rospotrebnadzor, la struttura sanitaria civile a cui Putin il 27 gennaio 2020 ha affidato la supervisione del contrasto all’epidemia. Qual è il vero ruolo di questi scienziati in Italia? E quali sono i compiti affidati ai militari? Ma soprattutto, quanti sono gli uomini del GRU, il servizio informazioni delle forze armate russe? Dna e dati sanitari
Ci sono alcuni elementi che non possono essere ignorati. Nel febbraio 2020, quando il mondo affronta l’emergenza da Covid-19, i russi chiedono alle autorità cinesi di andare a Wuhan, ma il permesso viene negato. L’Italia non mette invece alcun vincolo per l’accesso agli ospedali, ai laboratori, ai dati. Qualche mese dopo il New Yorker rivela che «il Dna di un cittadino russo che si è ammalato in Italia il 15 marzo è stato usato per elaborare il vaccino Sputnik». È la dimostrazione che la delegazione proveniente da Mosca ha potuto utilizzare le informazioni, ma anche reperti genetici, visionare dati riservati relativi ai pazienti e all’organizzazione delle strutture sanitarie. Non è l’unica occasione. Il patto di Roma
Mentre nei mesi successivi si stringono numerosi accordi commerciali, nell’aprile 2021 la Regione Lazio firma un patto «per la collaborazione scientifica tra l’Istituto Spallanzani di Roma e l’Istituto Gamaleya di Mosca per valutare la copertura delle varianti di Sars-CoV-2 anche del vaccino Sputnik V». Nonostante Ema non abbia mai autorizzato lo Sputnik, tra le due strutture sanitarie ci sono stati numerosi scambi di dati «sensibili» relativi al Covid. Come sono avvenuti? Su quali piattaforme? La collaborazione è stata interrotta dallo Spallanzani qualche giorno fa, quasi tre settimane dopo l’inizio dell’invasione. Ad alimentare il sospetto che molto ci fosse da nascondere in quella missione è stata anche la lettera — inviata nell’aprile 2020 al quotidiano La Stampa due anni fa dopo gli articoli di Jacopo Iacoboni che per primo aveva rivelato i dettagli della missione russa in Italia — firmata da Igor Konashenkov, capo della comunicazione ufficiale di Mosca. La fine della missiva era diretta: «Chi scava la fossa, ci finisce dentro».