Al Milan lo scudetto 2022, è Campione d'Italia per la 19ª volta

Al Milan lo scudetto 2022, è Campione d'Italia per la 19ª volta

23/05/2022
I rossoneri conquistano il titolo, l’Inter è seconda. Pioli: «Siamo una squadra di fenomeni». I momenti clou della cavalcata: dalla doppietta di Giroud nel derby al gol di Leao con la Fiorentina a otto minuti dalla fine
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Il Milan è campione d’Italia: ha vinto il suo 19° scudetto. Con la vittoria per 0-3 contro il Sassuolo a Reggio Emilia — che ha reso inutile il risultato speculare, per 3-0, dell'Inter contro la Sampdoria a San Siro — e con una splendida, pacifica e festosa invasione di campo al Mapei Stadium, inizia la festa in fondo a una stagione combattutissima e a un duello emozionante con i cugini (qui le pagelle del Milan in questa stagione).
Una festa che continuerà lunedì, a partire dalle 17, con un tour del pullman scoperto per le vie di Milano, già colorate di rossonero. Una festa che fa dire, a Pioli: «Siamo una squadra di fenomeni, non abbiamo mai mollato. Abbiamo meritato lo scudetto perché ci abbiamo creduto di più».

C’è, per ogni grande impresa dello sport, e questa lo è, un preciso istante che resta per sempre. Stavolta succede quando a 8 minuti dalla fine, sul 3-0 per il Milan sul Sassuolo, Stefano Pioli si volta d’improvviso verso la curva dei tifosi e inizia a ballare con loro, saltando e cantando, come indiavolato, sulle note del coro che è diventato la colonna sonora di questa pazzesca stagione che si conclude con uno scudetto tanto imprevisto quanto meritato, a undici anni dall’ultimo. On fire Pioli, on fire tutti: sono in ventimila i cuori rossoneri arrivati fin qui, a Reggio Emilia, nella città del Tricolore, per una notte che riporta finalmente il Milan dove merita, dopo tanto, troppo tempo.

È una festa di popolo, la fine di qualcosa e l’inizio di qualcosa d’altro, in coda a una giornata infinita, una stagione infinita, mentre sulla pianura padana scende la sera. La premiazione inizia mezz’ora dopo il previsto, perché prima c’è da far sgombrare il campo dopo l’invasione. Ibrahimovic lava tutti con lo champagne e fuma il sigaro, Tonali è commosso, Giroud scherza, Leao ride come sempre, Kessie saluta. In tribuna applaudono i Singer, la proprietà, accanto al presidente Scaroni. Gli ultrà fanno partire un coro per Paolo Maldini, un gesto che sa tanto di riconciliazione definitiva, dopo i veleni dell’addio a San Siro del 2009. È anche da questi dettagli, che dettagli non sono, che capisci che questa non è una notte qualunque. «Il Milan ha un suo dna, ci mette meno degli altri a vincere» sorride orgoglioso l’ex capitano, che resterà dt anche con RedBird, insieme al ds Massara. Giusto così: squadra che vince non si cambia. Questo Diavolo giovane e forte può aprire un ciclo. «Non lo dicevamo, ma ci abbiamo sempre creduto» svela Pioli, mentre l’ad Gazidis ringrazia tutti: «È stata una grande vittoria di squadra».

Questa stagione, per il Milan, non ha avuto una svolta sola, ma almeno due. La prima, la più iconica, è senza ombra di dubbio l’epico derby del 5 febbraio, con quella strepitosa doppietta di Giroud che nel quarto d’ora finale ha ribaltato l’Inter e il campionato, proprio sotto la curva Sud, come nemmeno nei film. La più classica delle sliding doors: fino al 73’ il Diavolo era praticamente all’inferno, con i nerazzurri di Inzaghi ormai avviati verso il paradiso della seconda stella, quando l’attaccante francese ha trovato quell’uno-due micidiale che ha riscritto il romanzo del campionato.

Non è stato però tutto facile da lì in poi, il Milan qualche chance l’ha sciupata, anche malamente, pareggiando con Salernitana, Udinese, Toro e Bologna, consentendo così all’Inter di riportarsi al comando quando il rettilineo finale già s’intravedeva. Sembrava andata.

L’altro snodo chiave è arrivato infatti alla 35ª, tre giorni dopo la clamorosa sconfitta nerazzurra nel recupero di Bologna, quando a 8 minuti dalla fine Leao ha abbattuto il muro della Fiorentina, segnando sempre sotto la curva Sud. Una prova di forza, per una vittoria cercata, voluta, inseguita, sofferta, difesa. Resta impresso, di quel primo maggio, anche una formidabile parata di Maignan su Cabral, a tempo scaduto, quasi a ricordare — una volta di più — che nella vita tutti sono preziosi ma nessuno è indispensabile. Ogni riferimento a Donnarumma e al suo adieu di un’estate fa è puramente voluto. Insieme a Tomori, Calabria ed Hernandez, il portiere francese è stato co-protagonista di un’annata eccezionale, come dimostrano i soli 31 gol subiti, che fanno del Milan la miglior difesa del torneo e la seconda migliore d’Europa nel 2022 dopo il Liverpool. Nemmeno l’infortunio che a dicembre ha messo fuori causa Kjaer ha modificato il destino: il reparto arretrato è stato impeccabile anche con Kalulu, un esperimento riuscitissimo, sul quale tutti erano scettici. A gennaio non è stato acquistato nessuno, nemmeno Botman dal Lille che pure sembrava a un passo. Anche lì ha avuto ragione Paolo Maldini: i rischi di modificare gli equilibri erano superiori ai vantaggi. La compattezza difensiva ha consentito di cogliere vittorie fondamentali anche in giornate nelle quali l’attacco stentava, come a Napoli o a Cagliari.

Difesa e gioco: questi, a voler cercare una sintesi estrema, sono stati i segreti dell’impresa rossonera. Il fatto che solo un giocatore, Leao, sia arrivato in doppia cifra di gol la dice lunghissima sui meriti di Stefano Pioli, il vero artefice di questo incredibile scudetto, che a differenza di Inzaghi e Spalletti non ha mai avuto a sua disposizione centravanti da 20 o 25 reti. Un vuoto compensato appunto dal gioco, dalla ricerca del gol attraverso un calcio d’attacco codificato e modernissimo, un mix di tecnologia avanzata e artigianato puro, che l’a.d. Ivan Gazidis un giorno ha definito con un efficacissimo termine inglese, «progressive». «Il Milan ha uno stile» ha sentenziato Arrigo Sacchi.

La crescita dei piccoli diavoli, da Tonali a Leao, da Bennacer a Tomori, spronati quotidianamente a dare il meglio dai leader più esperti come Ibrahimovic e Giroud, negli ultimi mesi è stata sbalorditiva. Ci sono due numeri che inquadrano la questione: il primo è 16, come i marcatori diversi, a dimostrazione del fatto che nel Milan ognuno fa la sua parte, come nelle cooperative che funzionano. L’altro è 13, come le vittorie in trasferta, su 18 partite: sono la prova del fatto che il Milan gioca allo stesso modo in casa e fuori, perché la filosofia è sempre la stessa. Oggi il Milan gioca il calcio più europeo d’Italia. Ed è anche questo che gli ha permesso di essere la squadra migliore, anche senza essere la più forte.